sabato 29 dicembre 2007

Meditate, non placatevi

My favourites,
ecco un piccolo articolo di Padre Basilio, chi non ne sà ed è interessato, dica.
Davide Sprocatti

40anni dalla morte L’insegnamento di don Milani



A 40 anni dalla sua morte, molte sono state le iniziative per capire la figura di don Lorenzo Milani molto controversa agli occhi di quanti, con spirito di parte, si sono accostati alla sua testimonianza di vita. "Indegno di appartenere all'Italia", gli ex combattenti; "ribelle", la curia fiorentina; "comunista", i giornali di destra; "pericoloso", il Sant'Uffizio; "classista", l'Osservatore
Romano; "innovatore", le aule didattiche ed educative. Di lui si può dire tutto, in positivo e in negativo, ma non lo si potrà mai capire, in senso pieno, se non dopo aver scoperto il motivo profondo che lo ha spinto ad agire: la sua libertà di spirito, dote irrobustita dall'incontro con il suo
Maestro divino, a cui affidò la sua libertà, coniando il motto che da quel momento avrebbe segnato tutto il corso della sua vita: "Servo di Cristo e di nessun altro". Don Milani era un uomo
profondamente libero. Libero di dire alla sua Chiesa, che chiamava "Matrigna": obbedisco, nonostante la sua "Ditta" lo emarginasse, da spingerlo, all'età di 40 anni, a pensare al
suicidio, come risulta da uno scritto all'amico e padre spirituale, don Bensi. I suoi genitori sognavano per lui la professione medica, ma lui si iscrisse all'accademia di Brera, perché voleva
diventare un pittore. Senza il loro parere, decide di entrare in seminario. Mandato alla parrocchia di San Donato di Calenzano su richiesta del Prevosto, di "uno che sappia dir Messa e
confessare", si impegna a tirar su la scuola popolare. Isolato a Barbiana, con l'intento curiale di "addormentarlo", fonda la scuola alternativa a quella che lui definisce "un ospedale che cura i sani e respinge i malati". Invitato a lasciare la diocesi assieme al suo confratello don Borghi, a causa delle loro contestazioni, ci resta e si impegna contro i cappellani militari che ritenevano
l'obiezione di coscienza un'"espressione di viltà", beccandosi denuncie, processi, lettere anonime
con ingiurie e minacce di morte. Se il suo vescovo gli ordina di non pubblicare i suoi scritti senza il suo consenso, sotto la sua guida fa scrivere ai ragazzi: "Lettera a una professoressa".
Ciò che spingeva don Milani ad agire in modo così deciso e temerario, era la sua libertà interiore: "Una qualità morale - scrive monsignor Ravasi - che si conquista e si perfeziona ogni giorno... con un esercizio severo che suppone riflessione, volontà, coraggio.
Che significa rischiare persino di andare controcorrente, forse anche in mezzo al sarcasmo o alle beffe". Don Milani aveva di mira non la carriera, il quieto vivere, una pensione serena, scelte egoistiche di chi ha deciso di vivere solo per se stesso. Aveva di mira solo di "volare" e di "far spiccare il volo" ai pedoni che incontrava, senza lasciarsi tarpare le ali, insegnar loro a rifiutarsi
di restare pedoni per timore di chi, per chissà quale mandato divino, aveva deciso di sezionare la società in "cretini" e intelligenti, ricchi e poveri, padroni e servi.
Cosciente della sua dignità di uomo, si sentiva chiamato da Dio a dare il suo apporto alla redenzione dei fratelli che incontrava o che gli venivano affidati dai suoi superiori. Grazie al suo
impegno e al suo contributo, la scuola è cambiata, l'obiezione di coscienza si è affermata, la distanza tra le autorità religiose e politiche e i loro collaboratori si è accorciata, anche se,
certi titoli da sapore medioevale: Eminenza, Eccellenza, Monsignore..., titoli che il nuovo vescovo di Città di Castello, Domenico Cancian, definisce "non molto evangelici" ( La Voce del 2 Novembre, pagina 11), stanno ancora lì a segnare la linea di demarcazione che separa chi ha ricevuto più responsabilità da chi ne ha ricevuta meno, ma tutti ugualmente responsabili
della diffusione del Vangelo.
A 40 anni di distanza dalla morte di don Lorenzo Milani, cosa ci resta del suo insegnamento, della sua testimonianza?
Direi, un richiamo a noi tutti a "spiccare il volo", a non rimanere "pedoni". A usare la libertà interiore per volare alto, senza lasciarsi tarpare le ali della propria dignità da quanti pretendono, con la scusa di servirci, di asservirci per giustificare le loro difficoltà umane e deficienze spirituali.
Essere servi di Cristo, sì, ma di lui solo, l'unico vero uomo che ha saputo per prima servire e dare la vita per gli uomini. Servi suoi e non di altri, è il messaggio che don Milani ci ha lasciato, frutto della sua libertà interiore mai narcotizzata dalle lusinghe del quieto vivere, di cui spesso noi, inconsapevoli pedoni, facciamo fatica a rinunciare.

Padre Basilio Martin
fonte www.tuttogubbio.it – 15/12/2007

2 commenti:

Differentità ha detto...

c'è solo da pensare...
La Chiesa è composta da uomini: alcuni che possiedono la vera spiritualità e vogliono davvero riuscire a concledere qualcosa di buono... (commettendo anche degli sbagli) ed altri che... ne sono molto carenti!
Don Milani è sempre attuale e a dimostrazione vediamo la scuola popolare di Lina Ferrero!

Anonimo ha detto...

E' interessante anche l'intervista a Pasolini su Don Milani. La trovate su youtube

http://www.youtube.com/watch?v=CE3b7-pHpj0